giovedì 24 luglio 2008

Ricordi di viaggio

Ricordo ancora le mura di Troia
e l’inganno con cui caddero,
in quella guerra decisa da mercanti,
narrata da eroi.
Credevo nella spada che facevo mulinare,

vinsi piegando gli scudi con la mia astuzia,
ma ben presto vidi

che avide menti
si avventavano sulle rovine fumanti.
Non avevo lottato, sacrificato
l’infanzia di mio figlio,
la vecchiaia di mio padre
e la bellezza di mia moglie
solo per far sì che le merci greche

arrivassero a Xandù.
Nella mia isola si aspettavano un trionfatore,
videro un relitto:

solo io fra tutti volli comprendere,
ma la scoperta incatenò
la mia mente a troia,
alla città preso con un inganno
per un altro inganno.
Poi qualcosa cambiò: arrivò un uomo, portato dalle onde,
disse di essere uno scrittore:
aveva vagato nel mediterraneo,

le muse lo avevano portato lì,
o forse la fame,

o la tempesta:
il padre lo irrise,
come poteva un eroe senza fiamma illuminare un’opera d’arte,
ma mio figlio lo spinse verso di me,
ultima speranza.
Gli raccontai la mia storia,

la verità
il cui aspro odore
non mi faceva dormire,
capì ed ammise,
dopo vari fiaschi di amicizia
di averlo sempre saputo,
ma disse che al pubblico non sarebbe piaciuta,
perché pensare? se la causa è giusta
e chiedersi chi custodirà i custodi?
E così mi vendetti di nuovo,

per comprarmi un futuro di oblio,
e violentai i miei ricordi:
lucidi armi
di fattura unica
sostituirono merci invendute,
combattimenti gloriosi furono cantati
al posto di massacri ingiustificati,
le avide menti furono sostituite
da dei maestosi:
e fu gloria per entrambi,

per il poeta e per l’eroe,
che di nuovo,
beffarda catarsi,
ingannava ed era ingannato.
Il pubblicò impazzì,
nel vedere riflessa nella gloria
la propria vita di tutti i giorni
tinte preziose su un intonaco squallido.

Il successo fu così grande

che inventai il seguito,
il viaggio fantastico:
e così le donne dei pescatori
divennero le sirene,
un vecchio re il feroce polifemo,
ingenui isolani i lestrigoni
banali compravendite gesti d’astuzia; .
le avide menti pagarono bene l’illusione collettiva:
e fui famoso, molti dissero che avrei varcato i secoli,
io Ulisse, figlio di........... (non voglio macchiare il nome di mio padre)
che avevo varcato tutti i mari,
con l'inganno e con la fantasia.

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