venerdì 18 luglio 2008

Il futuro che fa il verso al passato.

Il fumo copriva pietosamente misfatti, turpi, accordi, vendette atroci, a lungo rimandate fra vinti e sconfitti, sconfitti e vincitori, vincitori e trionfatori: la vendetta si era spinta fin sulle soglie di un piccolo edificio, che sembrava stesse per ardere “ giuseppe, la biblioteca brucia…” “ come brucia, ma i nostri nemici ci avevano assicurato che gli edifici di cultura sarebbero stati salvi..” con una nota di amarezza “ varrà solo per la Biblioteca, non certo per la nostra..” “ ma noi dobbiamo fare qualcosa, a chi possiamo chiedere aiuto?” “è impossibile , la gente fugge o ruba o muore o uccide…. paolo, l’altro bibliotecario stava per rispondere, quando individuò una fiamma alta, imponente come le cattedrali gotiche descritti negli stessi libri ora ridotti a combustibile “ giuseppe la biblioteca brucia…” “ ho capito ti stavo chiedendo cosa..” ma il suo sguardo si bloccò: entrambi che per tutta la vita erano stati ammirati, frustati, rapiti dalla grandezza di quel sapere rispetto al loro, sapere, conoscenza, cementati dal dubbio e dalla curiosità, che si allargava in ogni pietra; in quelle stanza vi erano pietre più sagge dei filosofi, lampade più luminose delle menti degli scienziati, e la stessa aria fissa, immobile delle sale di letture, sospesa come fili fra i libri, che scalpitavano per farsi leggere, era un libro essa stessa: ed ora tutto ciò bruciava, innaturalmente rapida, quasi come per farsi dimenticare, conscia per la sua saggezza che solo per gli stolti poteva sembrare infinita, dell’ardente fiamma che talora brucia giovani gli uomini. I due bibliotecari, ormai completamente dimentichi della loro biblioteca, dei loro compiti, si diressero verso l’enorme edificio, di cui il loro era solo un’emanazione, di cui loro stessi erano solo un’emanazione, due righe già scritte, in quell’enorme libro, di cui nessuno poteva conoscerne l’insieme, ma solo una capoverso o due, o una pagina, se era eccezionalmente arguto e se non era confuso da quel fumo In mezzo ad esso si vedevano soldati amici e nemici uccidere, commettere ogni atrocità, ma tutto era coperto dal fumo, così come i mille eccidi simili, battaglie descritti appaiono se raccontati in parte offuscati; non sono la vera vita, ma l’uomo la deve fissare sulla carta per carpirne e comprenderne anche solo un particolare, a costo di ridurla ad ombre di vita, ma come tali, forse, più profonde e durature. Arrivati allo spiazzale videro barbari che bruciavano, che insensibili usavano i libri come materiale, testi che avevano resistito per centinaia di anni, trattati con meticolosa cura, accarezzati, adorati, esaminati, odiati erano ora scaraventati per terra e ardevano, come se la vita che descrivevano scoppiasse, sangue nelle vene ormai cenere; giuseppe entrò di scatto nei corridoi che con reverenza stupita, con invidia che voleva sembrare abitudine aveva percorso, abbagliato dal fuoco del sapere, dalla curiosità che come lingue di fiamme penetravano le difese della sua ignoranza e pigrizia, che scorrevano sotto i marmi: ora questi ultimi implodevano e lo studioso si muoveva fra vulcano di libri, lapilli di pagine: paolo intanto all’esterno, allibito piangeva quasi nella vana ed assurda convinzione che le sue lacrime potessero calmare l’incendio, salvare anche un solo libro: il crollo del suo punto di riferimento, il grande limite che aveva puntato per tutta la vita: ricordava le sue visite da piccolo nel giardino, in cui anche la corteccia degli alberi sembrava incisa: ora il caos avanzava e distruggeva: per legge di natura atomi andavano in combustione, gli stessi atomi che formano i corpi dei vecchi bibliotecari, morti perché ormai incapaci di non abbeverarsi dai libri ogni giorno, attimo, le stesse particelle che costituiscono i cadaveri degli invasori sepolti da secoli di sapienza, dalle piante la cui linfa agonizzava. Giuseppe si aggirava smarrito, non cercava nemmeno di raccogliere i libri, si rese conto non della pazzia, ma dell’inutilità del suo gesto, cercò di arretrare, in un lampo di lucidità improvvisa capì che scappava per non fornire altro combustibile, perché il rogo maligno si estinguesse presto, ma la sua attenzione fu richiamata da una donna che incurante di tutto leggeva un libro, rimaneva lì, i piedi fra i tizzoni; era di mezza età, con i capelli grigi come la polvere, come ormai anche il volto, avvolto da un velo, “ ma cosa fai lì, fuggi” la scosse, ricoprendosi di polvere “ e perché farlo: ormai non ho più speranze, tutto è finito…” “ma puoi riiniziare, devi salvarti… “fare da bibliotecaria agli invasori: e poi lavorare con che cosa, con la cenere, non io di certo, io sono.. ” sorridendo amaramente “… un libro senza più ristampe, né seguito..” “ ma il tuo sapere, potrà servire a qualcun altro, se saremo di nuovo liberi” “ noi non ci libereremo più, ora che hanno sfondato le nostre difese, ora che le mura crollano, e le menti anche,,” giuseppe cercò di farla alzare, ma lei si strinse il volume al seno e si allontanò di scatto, ma inciampò in un cumulo di rotoli, radici di un albero infinito, cadde e fu sepolta dalla cenere , a giuseppe la nascose una cascata di libri, i suoi occhi rivolsero un ultimo sguardo al cielo, che si intravedeva al di del fumo e della biblioteca, poi vi tese contro il volume, quasi a sfidarlo..: l’uomo vide solo più il libro cadere ed attorcigliarsi nelle fiamme: quelle stesse di cui paolo non era riuscito a sopportare la vista, quando si era allontanato di corsa, tossendo per il fumo, voleva solo allontanarsi, fuggire ma i suoi passi si mossero verso la sua biblioteca, sarà stata l’abitudine o il senso di paura, o un oscuro sentimento di dovere: vi arrivò e vide che le fiamme avevano aggredito lentamente l’edificio, esattamente come la storia, che passava di lì senza affanno, non troppo interessata, distratta dall’obiettivo principale che stava divorando: entrò di scatto e affannosamente si mise a spegnere il fuoco, a togliere materiali, a buttare i libri nel cortile per sottrarli allo scempio “ signore, ma dove?” “ niente sono andato alla Biblioteca, sai pensavo si potesse fare qualcosa, ma…” “ anche qua c’è ancora molto da fare” disse il ragazzo che li aiutava, e con sguardo fisso, concentrato si mise metodicamente a spegnere le fiamme, sottrarre materiale all’incendio, cercare di portare acqua: paolo rimase per un attimo sorpreso da questa attività frenetica da parte di un giovane che fino a quel momento non si era mai mostrato così interessato al lavoro che compieva lì, quasi considerandolo un ripiego, un rifugio sicuro per tempi migliori poi lentamente si chinò urtando uno scaffale che sotto lo sguardo di rimprovero dell’aiutante crollò come un castello di illusioni, quelle illusioni che giuseppe cercava ancora: dopo l’incontro con la studiosa non aveva più incontrato uomini, ma solo fantasmi che fuggivano, scappavano, gli urlavano in tutte le lingue possibili, ma che esprimevano un medesimo terrore, pur nelle infinite varianti, entrò in un giardino, non capiva nemmeno più se era nella biblioteca, poteva aver oltrepassato il sottile muro divisorio, ormai mimetizzato fra la macerie: quegli alberi erano stati risparmiati, le foglie risplendevano ancora vagamente sotto la cenere, qualche cespuglio sopravviveva fra i mattoni caduti, i fiori delle aiuole avevano ancora una parvenza di ordine, si avvicinò per guardarli, forse per portarne qualcuno alla moglie, abitudine che sembrava in quel momento del tutto fuori luogo, ma tuttavia lo attirava soprattutto quel ramo di oleandro, dai fiori rosa, come il vestito che aveva indosso quella mattina, se era ancora viva…. ed un brivido lo percorse, si fermò, e vide il ramo scosso violentemente una mano vi si aggrappò, lo tirò a sé, quasi per cogliere i fiori, ma fu tirata indietro e vide un invasore che con violenza distrusse i fiori, nel tentativo di strappare il ramo, e teneva sotto di sé una ragazza che si dimenava: l’altro uomo aspettava impaziente, ma si accorse di giuseppe, si diresse verso di lui con la spada sguainata, traiettoria di morte e di fuga che lo studioso seguì: non provava veramente terrore, voleva solo evitarsi una morte inutile, rabbrividì nel pensarlo, ma quasi banale, almeno la studiosa era caduta per qualcosa, e il suo gesto aveva più valore perchè senza croci, resurrezione celebrazioni, manifestazioni d’oro e di gloria, ma più terribile per la sua mancanza di speranza: nella corsa furiosa non sia accorse ci ciò che lo calpestava, di coloro che lo buttavano per terra, che lo urtavano, potevano essere libri, merci, nemici, soldati: ansimante si allontanò, poi ritenendosi al sicuro per il momento, si volse e colse l’esatto momento del crollo totale, che sepolse con un rombo terribile il mondo: gli invasori continuarono a uccidere, rubare indifferenti, scostando semplicemente altro materiale ma lontano in altre biblioteche, in altre scuole, case, laboratori, in ogni posto ci fosse un libro, una persona provò un’immotivata stretta al cuore, un freddo improvviso: e furono molte le mani, che senza razionalità presero testi, li strinsero quasi per vedere se erano ancora vivi, per assicurarsi della loro integrità, stranamente lieti di vedere la vecchie, conosciute macchie, piegature che non li infangavano ma li arricchivano di memoria, e poi li posarono con un sospiro che per un qualche motivo non era di soddisfazione completa: e furono molti a stendersi a letto preoccupati, non erano i soliti mille problemi, era un qualcosa cui non potevano dar nome, di cui non potevano confidarsi nemmeno con la persona che giaceva vicino a loro, nel timore di non essere presi sul serio o forse di vedere lo stesso terrore che si infilava nelle coperte della loro normalità: queste cose giuseppe non le avrebbe mai sapute ora i suoi pensieri erano un fluido di sensazioni che si perdevano, e non c’era niente ad imprimervi una spinta verso l’alto, pari al peso del volume di fluido spostato, pensò sogghignando, che in questo caso era un oceano ma non di acqua, di rocce appuntite sulle quali il cammino senza protezioni era una fatica insultante: la stessa che stava provando paolo, che nella biblioteca stava riuscendo a spegnere quelle fiamme bastarde, che si annidavano nei libri, si nascondevano nelle rilegature, assaggiavano appena un trattato per poi accanirsi sul poema storico, si distraevano sul manuale di filosofia per poi cercare di infrattarsi nell’enciclopedia, sfuggivano all’acqua, ma soprattutto ai colpi di panno che cercavano di stanarle senza pietà, che lentamente le sterminavano, uccidevano intere famiglie di fuocherelli che si sviluppavano senza alcun rispetto, senza alcuna pietà “ mi sembra che qui abbiamo sistemato tutto” disse paolo abbracciando con lo sguardo la piccola aula e paragonandola allo splendore in rovina che aveva visto “ scendiamo un attimo in cortile, ci rinfrescheremo e poi daremo ancora una controllata…” i due scesero lentamente, come automi bruciati e senza controllo nel piccolo cortile laterale, bevvero e nell’acqua sporca paolo vide un volto che non conosceva, come si sarebbe potuto vedere nella tomba, coperto dalla polvere, invecchiato, perché il fumo aveva sottolineato le rughe, un libro senza ristampe, pensò amaramente, si voltò e sobbalzando per la sorpresa vide un altro volto come il suo “ ma allora sei salvo…” “ sì, è stato…” “ non sapevo più dove cercarti, i soldati mi hanno impedito di avvicinarmi, sono tornato..” “ qualcosa si è salvato? disse giuseppe quasi distrattamente, non pensando seriamente che gli potesse interessare il destino di un qualcosa di così indifferente, di un frammento di polvere, dopo avere visto crollare una galassia, ma quando sentì le parole d’orgoglio triste di paolo, e vide il luogo a lungo amato, anche se forse non se lo era mai confessato, provò una stretta di vergogna, e pensò che forse era stato inutile il suo affannarsi, che lì i suoi amici avevano bisogno di lui, che forse, ma i suoi pensieri furono interrotti da una lancia che lo abbattè di lato, un altro nome cancellato in un lungo elenco, una semplice lineetta tirata.

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