venerdì 18 luglio 2008

In un pub vicino al ponte

In un pub vicino al ponte un gruppo di ragazzi, ventenni, ridevano, scherzavano, e fra loro si confondeva una ragazza, che pareva risoluta a tenersi ai margini della conversazione.
Era uno di quei volti che la gente guarda con curiosità, con un misto di sollievo e di pena: il suo naso era come un frangiflutti, che aveva navigato e rotto le onde di tutti i mari, che forse per vendetta lo avevano inciso senza pietà, le sue braccia alberi poderosi, le gambe remi grassocci, e pensava, mentre sorrideva agli scherzi veloci dei suoi amici, a come la vita le fosse sempre scivolata addosso.
Il mare delle sue conoscenze non era mai andato oltre contatti superficiali, nessuna goccia d’uomo aveva mai osato sostare troppo a lungo nelle sue imponenti vicinanze, né l’agile schiuma delle sue amiche, anche di quelle più sincere, era mai riuscita del tutto a nascondere nei fondali del proprio essere un certo disagio.
Ma del resto, pensò mentre ordinava, faceva male a paragonarsi ad un galeone, troppo bello, capace di incutere rispetto, aurea di leggenda, pirati e maledizioni delle ultime lune, meglio una barcaccia, poco agile, goffa in ogni intervento, che iniziava una frase sentendola fuori posto, e la terminava con un sussurro, per poi riaffondare nell'alienante silenzio dei suoi abissi personali.
Poi certo il contorno non la aiutava, e sorseggiando la birra contemplò, mentre ascoltava distratta le confidenze su un ragazzo di una sua amica, il paesaggio sotto di lei, le macchine che passavano veloci, le luci dei lampioni, la fabbrica sul fiume, quasi alla kerouac, ma senza nessun american dream da violentare, solo piccole e forse meschine rotte alla ligabue su cui bisognava andare, ci si era stati messi senza possibilità di scegliere, o forse la si era scelta per un oscuro sentimento del dovere, e alla citazione involontaria sobbalzò, quasi imbarazzata nel non ricordarsi il nome di chi la aveva detto.
Per distrarsi, mentre continuava ad annuire all'amica, andò avanti a guardare le automobili ferme al semaforo poco sopra, che sembravano tante tombe luminose, con aria condizionata autoradio, che uscivano dal coma solo per sgommare via, e lei lì a guardare, si sentì sola, nonostante la compagnia ridente, ebbe voglia di sentirsi compianta, commiserata, ricacciò le lacrime, che venivano a tradimento, fuori bordo volle incolpare qualcuno, guardò le stelle ma non si vedevano, coperte dall’insegna del bar.

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