lunedì 29 dicembre 2008
Guidando.
secondo la rapsodia delle marce del tuo animo:
li rallenti in una placida estate,
a strappi cerchi la velocità singhiozzante dei temporali.
Valli accoglienti di cui non desideri la fine,
ponti e persone sospesì,
pura proiezione di ciò che sei al momento:
comunque non fanno domande,
ti accolgono senza pretese,
file temporanei dei tuoi ricordi,
mentre scorri da aspettative non realizzate
ad altre da consumare,
e sotto di te la strada sorniona si allunga,
a proiettarti orizzonti impossibili.
mercoledì 26 novembre 2008
Passante.
rallenta l'incedere di cappello e soprabito d'ordinanza,
indaga con la curiosità animale dei giovani la vecchia cartella lisa,
in cui non ci sono che poche foto ingiallite:
tutti i giorni si vede inscenare la solita commedia,
col sorriso trepidante di dover chiedere scusa,
pensionato che continua a recarsi al lavoro dei suoi ricordi.
martedì 25 novembre 2008
Se sono rimasti a posto persino i sassi nei vostri viali.
Altra violenza, calore sudore: il colpo di piccone che mi ha riportato in vita è stato violento, senza mediazioni, immediato e freddo. Lo aspettavo trepidante, dopo che per lunghissimo tempo alcune minuscole particelle di me avevano conservato il ricordo di quel sole annerito, del freddo, della paura dell'albero che avevamo inglobato. Coccolato dall'uniformità, viziato dall'assenza di decisioni da prendere, di responsabilità e di scoperte avevo contemplato quei ricordi come un refolo di identità e di diversità. Ora ero di nuovo io, rinforzato dalle mani dell'artigiano che mi creò limitandomi e dandomi certezze, squadrandomi con pochi colpi netti e gettandomi poi in un carro con molti miei simili, cubi rosati che fremevano curiosi.
Di nuovo l'immobilità per anni: incastonato in una strada, vivo in modo latente. Vedo scorrere la vita sopra di me, non vi posso partecipare e forse neppure vi voglio. Altra cosa è vagheggiare un'identità protetto da un'uniformità inglobante, altra cosa ben diversa è strapparsi dalla massa, agire in prima persona, assorbire solo su di sè i colpi dei carri, dei sandali, masticare il sudore della vita di tutti i giorni. Meglio cercare l'appoggio di altri, scaricare le pressioni tutti assieme, lasciare che sia la massa a prendere le decisioni, rifuggirle per la paura di perdere la propria geometrica perfezione. A volte la mia individualità, spinta forse ancora dal fuoco che ci ha generato prende il sopravvento e oeso i passi sopra di me, voglio intuire se l'elasticità che vi imprimono è data dalla forza o dalla rabbia: la fame li rende rapidi ma poco potenti, l'opulenza mi soffoca, leggiadri i passi delle donne accolgo, mentre sfuggo le lance lucenti dei soldati. Ma tutti questi attimi di vita, di consapevolezza durano poco: a lungo andare il mondo reale mi spaventa, mi rende perplesso e mi rifugio nell'indeterminatezza soporosa della massa.
Il lancio, fatto con forza improvvisata, mi stupisce: anni, secoli mi avevano fatto sprofondare nell'oblio, oceani di vita erano passati sopra di me, diventato indifferente per lo spegnersi lento della fiamma della mia curiosità. Ora una mano mi afferra, mi scrolla di dosso la muffa dell'indifferenza e della noia, sento le bandiere, gli slogan, le grida, mi sento esposto come non sono mai stato, ho il dubbio che di nuovo non stia seguendo una mia decisione, ma è la rabbia che mi spinge, nell'arco che disegno ho la sensazione di essere finalmente compiuto, perfettamente realizzato, finchè mi abbatto, frantumando i miei sogni sugli scudi di plexigas dei privilegi eterni.
martedì 18 novembre 2008
Dalle mie montagne
l'ombra del brulicare delle città,
confondono astute il desiderio e la paura di scendere,
scaldati dai dubbi che arroventano gelate certezze:
a volte fuggi, desideroso di umanità,
sempre torni ricoperto di impolverato sdegno:
ti illude il vento, che non gioca più con te
ma sempre più cinico,
di nuovo,
ti soffia giù.
sabato 18 ottobre 2008
Arrivare alla specchio.

Certo adesso non si tagliava più come una volta, pensò Paul mentre veloce si metteva la cravatta si faceva la barba: era nella sua stanza all’università, e quel giorno avrebbe avuto un importante colloquio di lavoro. Era per un importante gruppo finanziario americano, e sua sorella aveva avuto molto da ridire sull’eticità della scelta: quella parola era per lui quasi nuova, eticità era far bene il proprio lavoro, poi non è che lui poteva cambiare il mondo:intorno al piccolo tavolo della cucina si era discusso fino a tardi, si erano lasciati male, poi però lei gli aveva regalato un nuovo rasoio, con la scatola piena di etichette a favore di Carter contro Nixon: la campagna elettorale era prossima, ma lui era infiammato dalla possibilità del lavoro e soprattutto dal sorriso di Jane che lo aspettava subito dopo il colloquio.
Era un giorno importante, il più importante della sua vita (d’altronde glielo avevano ripetuto tutti da un bel po’) e proprio quel giorno si era tagliato di nuovo con la lama del rasoio, cosa che neanche quando era piccolo: guardò irosamente il rasoio, che lo fece pensare a sua sorella, che era tornata dal suo lungo viaggio in India per il suo matrimonio. Si erano incontrati il giorno prima, come erano sembrati diversi: lui e Jane pieni di vita, giovani e brillanti, lei precocemente stanca quasi impolverata da tutta la strada che aveva fatto, ma sempre con il gusto della battuta: ma ora basta, era tempo di incamminarsi lungo quella giornata piena di sole.
La mattina presto, nella sua cucina“ Guarda non ce la faccio più: il lavoro i bambini mia moglie, non ho neanche un attimo solo per me.. “perché non venite un week end qui, nella nostra vecchia casa: ce ne stiamo un po’ tranquilli…” “ ok sento mia moglie e ti dico, poi devo vedere il capo..” “ ho letto sul giornale che stai diventando importante..” “ sì ci stiamo espandendo, sai la sensazione inebriante di cavalcare un’onda di…” di cosa…?” “ di poter cambiare qualcosa: ti ricordi una volta ne parlavamo, ora con un clic sposto milioni di dollari e ..” “ e pensi che quello sia il cambiare qualcosa?.”ecco di nuovo quella sensazione, sua sorella lo spiazzava sempre, tutte le volte che lui pensava di aver raggiunto un punto di certezza c’era sempre un che di nuovo, un nuovo gradino da superare, in fondo fin da piccoli era il loro gioco preferito ” va bè non parliamone adesso ti richiamo dopo per…”
Era strano radersi con estranei: lui lì era fuori posto, non c’entrava nulla, ma ormai aveva imparato che certe cose in quel ramo delle prigione di New York non andavano ripetute troppe volte. La sua storia mal si accordava con i tatuaggi, con la ferocia,

Questa volta arrivava allo specchio, che quella pazza di sua sorella aveva semicoperto di adesivi “ yes we can!:

mercoledì 15 ottobre 2008
Entropia.
accarezzandoli, gli occhi dei vecchi,
specchi di memorie dubbiose,
tendono verso l'infinito le corde invisibili delle galassie
per scagliare la freccia del tempo nel cuore rugginoso di Dio,
bersaglio che sfuma nel profumo d'incenso della tua infanzia.